21.11.24

SE QUALCUNO VI SALE IN AUTO, TAMPONATE QUELLO DAVANTI Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco punta X°

  puntate  precedenti 

Ipotizziamo che vi troviate in una situazione di pericolo ogge!ivo, con un aggressore davanti a voi, pronto a farvi del male. ComeCome dovete comportarvi per uscire dalla situazione? Se non avete vie di fuga e non avete modo di allontanarvi, cercate di colpirlo con una ginocchiata. Nel caso in cui l'uomo dovesse cadere a terra, continuate a colpirlo cercando di rimanere comunque a una distanza di sicurezza. Ricordate: ginocchia e gomiti sono i mezzi migliori per difendervi. Se dovesse succedere, comunque non fermatevi. Cercate di richiamare l"a!enzione di altre persone urlando “No, no, no, no!”. Meglio ripetere la parola “no” invece di “aiuto”, perché si tra!a di una sola sillaba capace di a!irare l"a!enzione del prossimo e perché ribadisce – e non soltanto a livello psicologico – la vostra contrarietà assoluta a
qualunque forma di aggressione. Nel caso in cui vi troviate in automobile e un malvivente si introduca nella vostra vettura, magari minacciandovi con un coltello e costringendovi a guidare indipendentemente dalla vostra volontà, voi fate finta di obbedire ma nel fra!empo guardatevi intorno. Se per esempio vi trovate fermi al semaforo, tamponate la vettura che avete davanti a voi per richiamare l'attenzione del suo guidatore. Non abbiate paura di farvi male o di fare male: basta anche solo una piccola bo!a. Anche mentre state guidando all"improvviso potreste avere la possibilità di sterzare e provocare un incidente. Ma attenzione: procedete in questo modo solo nel caso in cui abbiate so!o controllo la situazione e siate ragionevolmente certi di non farvi male. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: sono la prevenzione e la prudenza le vostre armi migliori per difendervi dalle aggressioni e dalla violenza. Senza diventare paranoici ed eccessivamente condizionati nella vostra quotidianità, è fondamentale che facciate di tutto per evitare queste situazioni di potenziale pericolo.

Vero  ha  ragione la prudenza  non è  mai troppa   però  non bisogna  esagerare  .ma  trovare  una via di mezzo . Infatti   Egli  propone 
 Nel caso in cui la vostra macchina dovesse essere in panne, diffidate dell’aiuto di chi si offre di prestarvi soccorso.Meglio essere malfidenti e non rischiare brutte avventure che possono diventare pericolose. Rivolgetevi alle forze dell’ordine o contattate  persone che conoscete  e di cui sapete di potervi fidare.

Si può  accettare  un aiuto  di un estraneo  con prudenza  : 1) usando le  tercniche   sopra  elencate  ,  o lo spray  al peperoncino  nei casi più pericolosi ., 2)  stando a debita  distanza   e  con il cell in mano  fingendo  i giocare  o  vedere in internet  ,  e poi in caso  di pericolo chiamare i n  di emergenza o  un  amico\a  fidato mettendo il viva voce  o  video  chiamata  

20.11.24

raccontare i femminicidi di oggi parlando di quelli del passato il caso Beatrice cenci

 Per  il 25  novembre oltre  post  di riflessione   anzichè raccontare  le  recenti   storie di femminicidio \  d'amore criminale  che   in una società sempre  più anestetizzata ( o quasi  )  ed  un informazione sempre  più  veloce  dove  dopo tre  giorni (  salvo ecezioni )    sono già  dimenticati o  strumentalizzati vedere le  news  riportate   nel  post  precente ,racconterò un  femminicidio  e  una   violenza  di  genere  insieme    del passato . Si tratta di Beatrice Cenci , alla cui condanna a morte vi assistente e trase ispirazione per una delle sue opere


 più belle e cariche di pathos nonche la secondo alcuni Il capolavoro più sanguinoso ,  Caravaggio. 


Beatrice Cenci (Roma, 6 febbraio 1577 – Roma, 11 settembre 1599) è stata una nobildonna italiana giustiziata per parricidio e poi assurta al ruolo di eroina popolare, per essersi difesa dal padre violento e depravato.

[---- ] da Beatrice Cenci - Wikipedia

Il parricidio

Esasperata dalle violenze e dagli abusi sessuali paterni, si dice che Beatrice giunse alla decisione di organizzare l'omicidio di Francesco con la complicità della matrigna Lucrezia, dei fratelli Giacomo e Bernardo, del castellano Olimpio Calvetti[6] e del maniscalco Marzio da Fioran, detto il Catalano.
Per due volte il tentativo fallì: la prima volta si cercò di sopprimerlo con il veleno ma l’uomo, assai diffidente, fece assaggiare cibo e bevande alla figlia prima di consumarle così questa proposta fu scartata; la seconda con un'imboscata di briganti locali che però, scoperte le possibili conseguenze, si rifiutarono. La terza volta Francesco, stordito dall'oppio fornito da Giacomo e mescolato a una bevanda, fu assalito nel sonno: Marzio gli spezzò le gambe con un matterello, Olimpio lo finì colpendolo al cranio e alla gola con un chiodo e un martello.
Per mascherare l’omicidio, Olimpio cercò di rompere il pavimento di un balcone per far precipitare il cadavere al suolo, ma non ci riuscì. Così demolì il ballatoio per tentare quindi d'infilarci il cadavere ma la cosa era impossibile: il foro era troppo piccolo. Decisero allora di gettare il corpo dalla balaustra della Rocca, sperando che tutti credessero al cedimento della struttura. Il 9 settembre 1598, Francesco fu trovato in un orto ai piedi della Rocca. Dopo le esequie il conte fu sepolto in fretta nella locale chiesa di Santa Maria. I familiari, che non parteciparono alle cerimonie funebri, lasciarono il castello e tornarono a Roma nella dimora di famiglia, palazzo Cenci, nei pressi del Ghetto.

Beatrice Cenci in prigione. Quadro di Achille Leonardi, XIX secolo

Le indagini

Inizialmente non furono svolte indagini, ma voci e sospetti, alimentati dalla fama sinistra del conte e dagli odi che aveva suscitato nei suoi congiunti, indussero le autorità a indagare sul reale svolgimento dei fatti.Dopo le prime due inchieste, la prima voluta dal feudatario di Petrella, duca Marzio Colonna e la seconda ordinata dal viceré del Regno di Napoli don Enrico di Gusman, conte di Olivares, lo stesso pontefice Clemente VIII volle intervenire nella vicenda.La salma fu riesumata e le ferite furono attentamente esaminate da un medico e due chirurghi che esclusero la caduta come possibile causa delle lesioni. Fu anche interrogata una lavandaia alla quale Beatrice aveva chiesto di lavare lenzuola intrise di sangue dicendole che le macchie erano dovute alle sue mestruazioni ma la giustificazione, dichiarò la donna, non le sembrò verosimile. Gli inquirenti furono insospettiti, inoltre, dall'assenza di sangue nel luogo ove il cadavere era stato rinvenuto.I congiurati furono scoperti e imprigionati. Calvetti, minacciato di tormenti, rivelò il complotto. Riuscito a fuggire, fu poi fatto uccidere da un conoscente dei Cenci, monsignor Mario Guerra,[senza fonte] per impedirne ulteriori testimonianze. Anche Marzio da Fioran, sottoposto a tortura, confessò ma, messo a confronto con Beatrice, ritrattò e morì poco dopo per le ferite subite. Giacomo e Bernardo confessarono anch'essi. Beatrice inizialmente negò ostinatamente ogni coinvolgimento indicando Olimpio come unico colpevole, ma la tortura[7] della corda[8] ne vinse ogni resistenza ed ella finì per ammettere il delitto.Acquisite le prove, i due fratelli Bernardo e Giacomo furono rinchiusi nel carcere di Tordinona,[9] Beatrice e Lucrezia in quello di Corte Savella.[10]

Prospero Farinacci, difensore di Beatrice. Da Crasso, Ritratti d'huomini letterati1666

Il processo

Il processo fu affidato al giudice Ulisse Moscato ed ebbe un grande seguito pubblico. Nel dibattimento si affrontarono due tra i più grandi avvocati dell'epoca: l'alatrense Pompeo Molella per l'accusa e Prospero Farinacci per la difesa. Farinacci, nel tentativo di alleggerire la posizione della giovane, accusò Francesco di aver stuprato la figlia, ma Beatrice, nelle sue deposizioni, non volle mai confermare l'affermazione del difensore. Alla fine prevalsero le tesi accusatorie di Molella e gli imputati superstiti vennero tutti giudicati colpevoli e condannati a morte.Cardinali e difensori inoltrarono richieste di clemenza al pontefice ma Clemente VIII, preoccupato per i numerosi e ripetuti episodi di violenza verificatisi nel territorio dello Stato, volle dare un severo ammonimento[11] e le respinse: Beatrice e Lucrezia furono condannate alla decapitazione, Giacomo allo squartamento. Solo per Bernardo il pontefice acconsentì alla commutazione della pena: di soli diciotto anni, non aveva partecipato attivamente all'omicidio, venendo condannato unicamente per non aver denunciato il complotto; per la sua giovane età ebbe risparmiata la vita, ma gli fu imposta la pena dei remi perpetui, cioè remare per tutta la vita sulle galere pontificie, e fu obbligato, inoltre, ad assistere all'esecuzione dei congiunti legato a una sedia. In aggiunta, la notizia della commutazione della pena gli fu deliberatamente nascosta e comunicata solo poche ore prima della scampata esecuzione. Solo alcuni anni più tardi, dopo il pagamento di una grossa somma di denaro, riottenne la libertà.

Castel Sant'Angelo: luogo dell'esecuzione
Esecuzione di Beatrice Cenci

L'esecuzione

L'esecuzione di Beatrice, della matrigna e del fratello maggiore avvenne l'11 settembre 1599 nella piazza di Castel Sant'Angelo gremita di folla. Tra i presenti anche tre artisti: CaravaggioOrazio Gentileschi e la figlia di costui, la futura pittrice Artemisia. La giornata molto afosa causò il decesso di alcuni spettatori per insolazione (che risultò fatale anche al giovane romano Ubaldino Ubaldini, famoso per la sua grande bellezza, come ricorda Stendhal nelle sue Cronache italiane); altri rimasero uccisi nella calca e qualcuno invece scivolò nel Tevere, morendo annegato.La decapitazione delle due donne fu eseguita con la spada[12][13]. La prima a essere uccisa fu Lucrezia, seguì poi Beatrice e infine Giacomo, che fu seviziato durante il tragitto con tenaglie roventi, mazzolato e infine squartato

           [....] 

non  so  che altro dire   alla  prossima


come è difficile per noi uomini parlare di femminicidio . un tema che viene strumentalizzato vedere la presentazione del libro «Le vite delle donne contano - Lola, Pamela, Desirée, quando l’immigrazione uccide» (pubblicato dalla casa editrice di estrema destra , CsaPound ,Altaforte edizioni)

 Lo  so che   dovrei evitare  gli  scaricabarile   e dovrei mettere   delle mie riflessioni   in merito  a tale  giornata  contro la  violenza  sulle  donne     ormai diventata   come tutte le giornate celebrative  (  27 gennaio , 10 febbraio ,  25  aprile ,  ecc ) settimana   . Ma  il tema   è cosi  complesso che  è soggetto a strumentalizzazioni politico ideologiche    vedere  l'intervento di  Valditara 
guastato da  una frase  innoportuna  e  strumentale   ( vedere  qui  e   vignetta  a sinistra )   fatta   propria  da   i  media governativi e dalla a presentazione al  Consiglio comunale di Campi Bisenzio del libro «Le vite delle donne contano - Lola, Pamela, Desirée, quando l’immigrazione uccide» (pubblicato dalla casa editrice di Casa Pound , estrema destra ,  Altaforte edizioni) di Francesca Totolo, scrittrice e collaboratrice de Il primato nazionale, il giornale di Casapound  con  le  prime reazioni 

(Adnkronos) - "104 morte di Stato, non è l'immigrazione ma la vostra educazione" e "Valditara fai schifo, non può patriarcare per sempre, dimettiti": sono le scritte apparse nella notte sui marmi della facciata del ministero
dell'Istruzione di viale Trastevere a Roma. Ancora ignoti gli autori delle scritte, accompagnate da una stella a 5 punte e dal simbolo anarchico della freccia nel cerchio. Le frasi sono un chiaro riferimento alle parole di lunedì del ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara relative al patriarcato e all'incremento dei fenomeni di violenza sessuale legato in qualche modo all'immigrazione illegale.

 

 

Infatti il tema  è talmente    complesso  che  è  pressochè impossibile  evitare oltre  alle  strumentalizzaioni ideologiche  e  e  banalità   se  non vivi in prima  persona   tali  problemi . Ciò non vuol dire da  parte mia  che smetta  di  lottare  e mettere  indiscussione ed  lottare  con il mio maschio alfa  . Infatti proverò   dopo questa settimana   a fare come suggerisce  questa  iniziativa : « 1522, NO alla violenza sulle donne » della  Coop intitolata “Il Silenzio Parla”, in  collaborazione con Differenza Donna per divulgare informazione e sensibilizzare in vista della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.Un podcast  in sei puntate     che  racconta episodi di violenza contro le donne attraverso le voci degli  uomini che ne sono stati testimoni perché figli, genitori, fratelli, amici di donne che le hanno vissute. Il racconto di quest’anno è affidato alle voci di Francesco Migliaccio, Edoardo Barbone e Giacomo Ferraù per sei nuovi episodi che si affiancheranno alle sette storie vere di donne sopravvissute alla violenza raccontate nel 2023 da Valentina Melis, Cinzia Spanò e Ludovica Pimpinella. 

19.11.24

"Io, Babbo Natale dei bambini meno fortunati"




da Quotidiano.Net tramite  msn.it 

Guido Pacelli è un Babbo Natale davvero speciale. Conosciuto come l’aggiustagiocattoli, lavora tutto l’anno per rendere felici bambini e famiglie in difficoltà economiche. Nel laboratorio romano dell’associazione Salvamamme ripara giochi rotti o difettosi, dando loro una nuova vita. È così che trenini macchinine, bambole e casette, dopo un checkup di controllo, vengono regalati ai meno fortunati. "La mia avventura è iniziata dopo la pensione. Sono ormai tredici anni che opero come volontario all’interno di SalvaMamme. Devo questa opportunità a mia

figlia, Katia Pacelli, che dirige l’associazione e mi ha proposto di dare una mano. Inizialmente mi occupavo della parte tecnica e logistica. Riparavo computer e stampanti, poi mi chiesi come mai molti giocattoli che ritenevo ancora buoni venissero buttati. Non funzionano, mi risposero, sono rotti. Non mi arresi e li aggiustai, dando una seconda vita a quegli oggetti destinati alla spazzatura. A oggi ho riparato più di 20mila oggetti", racconta."I giochi che arrivano all’ente sono frutto di donazioni di famiglie o di negozi che regalano i pezzi invenduti per difetti di confezionamento o malfunzionamento. Per recuperarli a volte basta veramente poco. È sufficiente sostituire un filo o i contatti ossidati per vedere in funzione nuovamente quelli elettronici. Quasi l’80% viene salvato". L’associazione Salvamamme si occupa anche di garantire alle famiglie più fragili ciò di cui hanno bisogno, dai beni di prima necessità al vestiario e di creare una rete di supporto per le madri in difficoltà."La filosofia di Salvamamme risiede nella metafora del baratro – spiega la presidente, Grazia Passeri – C’è un baratro, devi saltare? Ti do la mano perché tu non cada. È nel mutuo soccorso che si trova la possibilità e la forza di andare avanti". L’associazione è impegnata anche contro la violenza di genere, con la distribuzione di una valigia di salvataggio."Un bagaglio d’emergenza pronto – racconta Pacelli – con beni di prima necessità, donato alla donna che scappa dal luogo della violenza. Spesso le vittime non possono tornare a casa per prendere ciò di cui hanno bisogno. Forniamo loro abiti e oggetti personali per le prime necessità". "Dal 2014 – argomenta Passeri – sono state consegnate migliaia di valigie contenenti biancheria intima, un paio di scarpe, pantofole, un maglione, pantaloni, prodotti per l’igiene e una trousse per i trucchi. Oggetti che servono a dare il senso di accoglienza e di dignità alla donna. Si aggiungono piccole borse per i bimbi, indumenti, latte in polvere e qualche giocattolo. Il giocattolo rappresenta una forma di certezza, un mondo dentro al quale il bimbo possa trovare rifugio".La valigia di salvataggio viene data proprio per evitare che la donna maltratta torni sul luogo del pericolo. Serve a impedire ogni forma di contatto con la propria casa e con il soggetto maltrattante. I capi all’interno del trolley vengono donati dalle aziende che aderiscono all’iniziativa. Inoltre, l’associazione ha all’attivo un Protocollo d’Intesa con la Polizia di Stato e prevede anche assistenza legale, supporto psicologico e una sistemazione temporanea per le donne costrette alla fuga.Guido Pacelli e l’associazione intervengono dunque direttamente e in prima linea in situazioni di crisi perché "vedere lo sguardo di un bambino che riceve un giocattolo e che sorride ti ripaga di tutte le fatiche che fai", racconta il Babbo Natale romano. Salvamamme e Guido Pacelli sono un punto di riferimento per la città di Roma e per tutte le persone fragili che stanno vivendo un momento di difficoltà, infatti sostiene ogni anno 3mila nuclei familiari e mille nuovi nati.

18.11.24

il discorso di Valditara alla Fondazione per Giulia Cecchettin : «Il patriarcato è finito. Violenze in aumento per l’immigrazione illegale» se stava zitto faceva più bella figura


«Occorre non far finta di vedere che l’incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e devianza, in qualche modo discendenti da immigrazione illegale». Così il ministro dell’Istruzione,Giuseppe Valditara, nel suo videomessaggio trasmesso durante la presentazione alla Camera dei deputati della Fondazione Giulia Cecchettin, in presenza del pare Gino. Di solito  non  mi    meraviglio di  niente , ma  stavolta   anch'io    : ‹‹ Trovo francamente sconcertante ›› come   Irene Manzi,  del Pd  ‹‹ che il Ministro dell’Istruzione, davanti alla famiglia di Giulia Cecchettin e nel giorno della nascita di una fondazione che meritoriamente vuole lavorare con le scuole sul tema dell’affettività e della violenza, sulla qualità delle relazioni e sugli abissi che ci interrogano, banalizzi (per non dire rovini) tutto con uno spot di inutile violenza ideologica, con molte falsità e trovando anche il tempo di additare il solito nemico esterno.Questa volta se lo sarebbe dovuto risparmiare »
Una frase che si è inserita, quasi come chiosa finale, in un discorso durato una manciata di minuti e che ha toccato vari altri temi. Dalla Costituzione italiana all’inesistenza, almeno come fenomeno giuridico , del patriarcato .
Non è mancata la replica di Gino Cecchettin che, a margine della presentazione, ha glissato così: «Le parole del ministro Valditara?.
L'intervento del ministro  è il classico  esempio  di come  rovinare  un buon  discorso . Infilandoci  gli
immigrati  coem  capro espriatorio  . IL  ministro   ingnora o magari loo  sa  benissimo  ma  pee  propaganda    nasconde    che secondo i dati ISTAT e del Ministero dell'Interno aggiornati al 2023, gli stranieri rappresentano il circa 32-33% degli arresti per reati di violenza sessuale e molestie. Gli italiani rappresentano circa il 67-70% dei responsabili dei reati sessuali, che rimane una maggioranza significativa. Gli italiani sono inoltre più spesso soggetti a processi per reati di violenza sessuale domestica o in ambito lavorativo, aree meno denunciate per gli stranieri​. Ci sono anche differenze nel trattamento legale: Gli stranieri hanno meno accesso a misure alternative alla detenzione, il che aumenta la loro visibilità nelle statistiche carcerarie.Pregiudizi: Esiste una tendenza, confermata da studi sociologici, a denunciare più frequentemente crimini attribuiti a stranieri.Quindi  qualcuno può dire a Valditara che l'80% dei femminicidi è ad opera del compagno/ex compagno e che non è un fenomeno etnico ma sociale? Vogliamo parlare del "denunciate donne che tanto poi tornate a casa da sole", del codice rosso o di come funziona male il braccialetto elettronico che avvisa la vittima di stalking? IL patriarcato  c'è ogni volta che negate che esiste il problema o date altrove la colpa di quanto sta accadendo. Voi non avete paura quando uscite la sera, non sapete cosa vuol dire vedere donne adulte dire: "Ma l'importante è che non lo contraddico quando ha una giornata storta" ai corsi di difesa personale.Inoltre  si contraddice   in quanto si.  è vero    dal  punto  di vista legale il  patricarto  è stato    abolityo  per  legge  con  il nuovo  diritto  di  famiglia del  1975  che ha sostituito alla famiglia fondata sulla gerarchia la famiglia fondata sulla eguaglianza.  ma   esistono    ancore  le scorie    culturali  come   ammette Valditara, «nel nostro Paese ci sono ancora residui di maschilismo, diciamo pure di machismo, che vanno combattuti». Si tratta di quelli che «portano a considerare la donna come un oggetto, una persona con minore dignità, che deve subire». E questo maschilismo “moderno” «si manifesta in tanti modi»: dalle discriminazioni lavorative, al catcalling fino alla violenza vera e propria» . Ecco  quindi che  il discorso partito bene  è  stato  rovinato  dall''affermazione   che esiste un legame tra violenza sessuale e immigrazione senza uno straccio di dato, evidenze, prove, ha un solo nome: razzismo. Ovvero, discriminazione e ideologia (a proposito) allo stato puro.Il ministro chieda scusa a quest’uomo coraggioso, Gino Cecchettin, alla famiglia di Giulia, alle cento donne morte ammazzate ogni anno per mano di uomini spesso mariti, compagni, conviventi, fidanzati ITALIANISSIMI. Questa è pura propaganda per fomentare odio, oltre che grave ignoranza relativa al problema di cui si parla senza conoscerlo. Ed è grave da parte di una figura istituzionale  ch ha  in mano  il ministero dell'istruzione .In pratica  è   Il solito e ampiamente sfruttato riflesso di riportare sempre ogni argomentazione al flagello degli immigrati irregolari oramai é automatico nei discorsi di questi figuri. Ma tant' é. Evidentemente ad un certo elettorato queste deformazioni della realtà piacciono. Che tristezza !

non sempre è necessario abortire la storia di laura malata di oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello

 Le voci di Andrea Celeste e di Francesco si sovrappongono come in un concerto polifonico, senza mai prevaricare l’una sull’altra. Chi li interrompe è Lucia, la loro bambina. La sua vocina si inserisce nel racconto più di una volta. Forse desidera capire chi è che sta parlando con i suoi genitori e perché è proprio lei la protagonista della storia. O forse vuole solo le «coccole», la prima parola che è uscita dalla sua bocca, ancor prima di mamma e papà, e che continua a ripetere, insieme a «mi piace tanto tanto tanto» – riferendosi alla pasta al pesto che sta mangiando –, a «Parole, parole parole» (sì esatto, la canzone di Mina) e a «Volare» di Domenico Modugno. «Sono i suoi cantanti preferiti – spiega la mamma ridendo –. Non sappiamo proprio come si sia innamorata di loro...».Tante altre cose, in realtà, non riescono a spiegarsi. Perché Lucia è un vero e proprio miracolo. Non ci sono altre parole per descriverla. Non avrebbe dovuto nascere. Due terribili diagnosi prenatali rischiavano di segnarle la vita. Prima la scoperta dell’idrocefalia, l’accumulo di acqua cerebrale nei ventricoli, che «non viene smaltita e quindi ingrandisce la scatola cranica». E poi la diagnosi ancora più grave dell’oloprosencefalia alobare, una malformazione congenita del cervello. «Si tratta del livello più grave – dice Francesco –. Nel 40 per cento dei casi i bambini muoiono entro pochissimi giorni dalla nascita, quelli che sopravvivono non riescono a respirare autonomamente, a mangiare, a muovere le mani, a defecare, e nemmeno a piangere». E invece Lucia ha pianto. Nonostante i medici che avevano consigliato ai suoi genitori di abortire, «perché anche se ce l’avesse fatta dicevano che sarebbe cresciuta come un’ameba».1Tutti tranne uno. Il professor Giuseppe Noia, direttore dell’Hospice - Centro cure palliative prenatali del Policlinico Gemelli di Roma e promotore nel 2015, insieme alla moglie Anna Luisa La Teano e all’amica Angela Bozzo, della Fondazione “Il Cuore in una Goccia onlus”, di cui è presidente. Proprio ieri è iniziato, a Roma, il settimo raduno nazionale che ci conclude oggi con la Messa celebrata da Benoni Ambarus, vescovo ausiliare di Roma. Tanti volontari e famiglie da tutta Italia sono riunite per «rilanciare il concetto di custodia della vita umana in senso globale», spiega Noia. Con storie come quella di Lucia, che non appena è uscita dal grembo materno ha squarciato, tra la sorpresa di tutti, la quiete dei corridoi del Gemelli.
«La tentazione di abortire l’abbiamo avuta», ammettono entrambi i genitori. «Ma poi ho pensato – aggiunge Andrea Celeste – che nella vita la cosa più importante che ho ricevuto è stata l’amore. Se decido di abortire, mi sono detta, che cosa insegno a mia figlia? Che nella vita esiste solo la morte?». Francesco l’illuminazione l’ha avuta davanti al Santo Sepolcro di Gerusalemme: «Il Signore mi ha fatto capire che non poteva esserci dono migliore che potessi fare a mia figlia che farla nascere».
Poi l’incontro con Noia, «un angelo custode. Ci ha detto: “Le speranze di vita sono poche, e probabilmente Lucia avrà deficit neurologici molto gravi, ma tutti nasciamo malformati dalla storia, dal peccato e dalle sofferenze, eppure Dio ci ama». Lucia è nata al Gemelli un mese e mezzo prima del previsto con un cesareo. Altrimenti non ce l’avrebbe fatta. Oggi ha tre anni e mezzo ed è stata operata già undici volte. La sua testa, per dimensioni, è quella di una bambina di 12 anni. Ma respira autonomamente, mangia, vede (nonostante non possieda la struttura cerebrale della vista). I medici non si spiegano come ci riesca. E sente, «anche meglio di me, che sono musicista», aggiunge la mamma. Per muoversi usa un deambulatore. Ma per i medici è solo questione di tempo: prima o poi camminerà da sola. Così come si riuscirà a toglierle il pannolino.
La sua storia insegna che «ci vuole uno sguardo umile e grato sull’esistenza, senza cedere alla tentazione dell’autodeterminazione assoluta», sottolinea Ambarus. «Il nostro intento – aggiunge Noia – è contrastare la cultura dello scarto con la scienza, l’umanità, la formazione e la ricerca». Lo dimostrano i numeri: «Sono 824 le famiglie che l’Hospice ha aiutato nei suoi anni – conclude il professore –. Il 40 per cento dei bambini sembrava non avere speranze. E invece oggi è in braccio alle proprie mamme».

17.11.24

l'attrice israeliana Noa Cohen, per interpretare Maria di Nazareth: furia dei pro-Pal contro il film “Mary” di DJ Caruso su netflix

 
Pochi giorni fa Netflix ha pubblicato il trailer (  io  prefrisco  chiamarlo  promo  ma  fa lo stesso ) del film “Mary”, un’epopea biblica di formazione che racconta la figura di Maria di Nazareth. La pellicola sarà disponibile sulla piattaforma a partire dal 6 dicembre, ma non mancano le polemiche  e  le proteste  di boicottaggio  . Il motivo? La decisione di affidare il ruolo della protagonista all’attrice  israeliana Noa Cohen, già conosciuta per “Silent Game” e “Infinity”.  Tale   Una scelta che ha scatenato violente proteste sui social da parte degli attivisti pro-Pal, che ora chiedono il boicottaggio del film diretto da DJ Caruso.

L’attrice chiamata a vestire i panni di Maria è finita nel mirino degli haters sia perché israeliana, sia perché ebrea. I social sono stati invasi da commenti antisionisti e antisemiti.  del tipo  :  “Una disgustosa ebrea ha ottenuto la parte”, “Gli ebrei hanno creato questo e gli attori sono ebrei. No grazie”. E ancora: “Metà del cast è israeliano, inutile dire che è meglio evitare il film come la peste”, "La protagonista doveva essere palestinese", "Netflix fa schifo".
Molti hanno puntato il dito sul  genocidio in corso a Gaza, invocando una rivolta.Oltre alla già citata Cohen nei panni di Maria, da quel  che  ho apreso in  rete  ,   il cast comprende molti altri attori israeliani come Ido Tako, Ori Pfeffer, Mili Avital, Keren Tzur, Hilla Vido. Nel cast anche il due volte premio Oscar Anthony Hopkins, che interpreta Re Erode. Il film è stato girato in Marocco e, complice la tematica religiosa così delicata, il regista ha confermato che la scrittura e la produzione di “Mary” sono state realizzate con “grande cura” per creare “una storia che sembrasse sia sacra che moderna”. Interpellato da Entertainment Weekly, DJ Caruso ha post l’accento “sull’importanza che Maria, così come la maggior parte del cast, venisse selezionata da Israele per garantire l’autenticità”.
Evidentemente   la  maggior  parte di noi  pro-Pal ha teorie diverse…  . 
Ora Cari  amici\che  pro palestina   capisco  il vostro  odio   verso  la  stato d'israele  e  quindi  verso   il sionismo  per  la  sua  arroganza  verso  i palestinesi   la  cui  origine etnica  è  la stessa  degli ebrei non sionisti Premetto che  no ha   ancora  visto  ne  il   trailler  \  promo  del film e  vedendo ora  per la  prima  volta  una  foto   d'esso   quindi  riporto   il   commento un po'  aprioristico  su  Msn.it  \  bing  di     Annamaria Franzese
basta non guardarlo, al consumatore è rimasto questo potere ... a giudicare dalla foto, le stoffe, la copertina del bimbo...  anche i costumi sono di qualità "verosimile" :) ... non merita, si presenta come polpettone/soap

e quindi      se  anche   se  fosse  un polpettone   e  c'è un attrice  israeliana   perchè si  deve impedire  a  gli altri  di guardarlo     come sembra  propongono  di farlo alcuni  di   voi  pro palestina ?
Ma qui ( chiedo   scusa   a  chi   dovesse aver già  letto il precedente post  
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2024/11/belluno-coppia-di-tel-aviv-rifiutata-da.html ) ripeto    che   non bisogna  mai confondere i popoli con i loro governanti e con gli errori degli Stati. Ciò vale per gli israeliani come per i palestinesi . Lo dico da critico del governo israeliano e  di , ovviamente  senza  generalizzare  ,  di   alcuni israeliani  i cosidetti coloni  . 

16.11.24

Meloni e company facessero leggi più serie anzichè Vietare le parole «handicappato» e «diversamente abile» nei documenti ufficiali. un linguaggio più inclusivo non si fa per via legislativa

  se invece  di  fare  una legge  per una   cosa di poco conto   visto che  la  sostanza  non cambia 

 facessero leggi più  serie   o  almeno modificasero quelle esistenti , dato che    da quanto dice  il fondatore Nico Acampora,  il fondatore  di  PizzAut, il fondatore Nico Acampora: "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile": "Alcune aziende preferiscono pagare multe piuttosto che assumere una persona disabile"
Ora  secondo  la legge  proposta  dal governo Meloni  tutte le amministrazioni pubbliche dovranno adottare una nuova terminologia per le persone con disabilità: ecco quali parole devono cambiare e come mai.
Addio quindi  ai termini «handicappato» o «diversamente abile». È tempo di adottare un linguaggio rispettoso e inclusivo quando si parla e si scrive di persone con disabilità, affinché vengano evitate espressioni considerate obsolete o stigmatizzanti, a favore di altre che rispecchino il valore della dignità e della diversità umana. È l’invito contenuto ,  da quanto riporta  quest articolo  <<  Vietate le parole «handicappato» e «diversamente abile» nei documenti ufficiali: perché il governo Meloni sceglie un linguaggio inclusivo per la disabilità>> di  open , in una recente nota dell’ufficio di gabinetto del ministero per le Disabilità, che sollecita ad aggiornare e uniformare la terminologia ufficiale delle amministrazioni pubbliche. Si tratta di un aggiornamento che fa capo all’articolo 4 del Decreto legislativo n. 62 del 2024 (entrato in vigore il 30 giugno) e interessa sia la comunicazione istituzionale (comunicati stampa, siti web, documentazione informativa) sia l’attività amministrativa vera e propria, come decreti, provvedimenti o modulistica.
I termini da cambiare
Nella nota vengono indicate le seguenti modifiche:

«Handicap» viene sostituito da «condizione di disabilità» in tutti i documenti ufficiali.
Termini come «persona handicappata», «portatore di handicap», «persona affetta da disabilità», «disabile» e «diversamente abile» vengono unificati in «persona con disabilità».
Le espressioni «con connotazione di gravità» e «in situazione di gravità» sono sostituite da «con necessità di sostegno elevato o molto elevato».
Infine, «disabile grave» diventa «persona con necessità di sostegno intensivo».
Perché usare «persona con disabilità» invece di «disabile»

Perché usare l’espressione «persona con disabilità» invece di «disabile» o «handicappato»? La differenza principale sta nel fatto che, nel primo caso, si mette al centro la persona, mentre negli altri due si rischia di ridurre l’individuo alla sua disabilità. L’obiettivo di queste modifiche linguistiche è quindi di spostare l’attenzione sulla persona, piuttosto che sulla sua condizione, per evitare che venga etichettata unicamente in base alla disabilità. Si tratta di un approccio che promuove un linguaggio che rispetta e valorizza la dignità e la complessità di ogni individuo. Sebbene la modifica del linguaggio possa sembrare un cambiamento puramente formale, in realtà riflette una visione più moderna e inclusiva della società, che ora sta trovando spazio anche negli ambienti istituzionali. 
Un cambio di rotta del governo?
Si tratta di una mossa apparentemente dissonante nella linea adottata finora dalla maggioranza di governo, che alle sollecitazioni sulla necessità di utilizzare un linguaggio più inclusivo, ha più volte risposto in modo respingente. La premier stessa ha scelto di farsi chiamare «Il presidente», rifiutando l’utilizzo di «la presidente». La scorsa estate, il senatore della Lega Manfredi Potenti ha presentato un disegno di legge per vietare l’uso di termini femminili come «sindaca», «questora», «avvocatessa» e «rettrice» negli atti pubblici, sostenendo che il maschile universale dovesse prevalere in tutti i contesti ufficiali, pena sanzioni. E, solo pochi giorni fa, Meloni ha dichiarato: «Alcune femministe credono che la parità di genere si realizzi declinando titoli al femminile». Eppure, quando si parla di disabilità, il governo sceglie una strada diversa, più soft e meno controversa.
Forse un cambio di rotta o, più probabilmente, una mossa dettata dal fatto che il tema della disabilità è percepito come meno divisivo e, ad esempio, meno polarizzante rispetto alla questione di genere. In altre parole, parlare di linguaggio inclusivo per le persone con disabilità non solleva le stesse tensioni politiche e culturali che, invece, si accendono quando si discute della parità di genere. La disabilità continua ad essere erroneamente vista come una questione semplicemente di rispetto, mentre il tema della parità di genere sfida direttamente gli equilibri di potere esistenti. Sorge dunque spontaneo chiedersi se questo intervento faccia parte di un reale cambiamento di paradigma, o se si tratti semplicemente di un tentativo di presentarsi come inclusivi su un tema che, al momento, non scotta come altri. 

Anche    se  come ho spiegato dal titolo   lo reputo assurdo che ci voglia  una legge dello stato  per tale cambiamenti  , fare un  circolare   era meglio . Ciò non toglie, che la revisione della terminologia sui temi della disabilità rappresenti un passo avanti e un segno di civiltà   anche se  formale  

14.11.24

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata IX SE NON POTETE SCAPPARE USATE I GOMITI E LE GINOCCHIA

 puntate  precedenti 

 Se vi trovate in una situazione di pericolo o semplicemente di disagio e potete scappare, fatelo. Può sembrare brutto da dire e ancora peggio da fare, ma se potete levarvi di torno con una rapida “ritirata strategica”, fatelo. Del resto il vostro orgoglio guarisce più in fretta di una coltellata al fegato o, se volete metterla sul pericolo, meglio un codardo vivo che un eroe morto. Se la situazione che vi si presenta è troppo rischiosa, come nel caso in cui vi troviate davanti un ladro che vi minaccia con una pistola o un coltello, non fate gli eroi e trovate il modo di risolverla pacificamente, anche se questo signica farsi
derubare. Se invece la situazione lo impone, difendetevi. Le tecniche insegnate sono studiate per essere usate in situazioni critiche. Sono banditi calci alti o volanti e tutte quelle mosse coreografiche che servono solo a impressionare gli spettatori al cinema. È meglio usare i gomiti e le ginocchia, armi naturali del corpo che istintivamente sono molto poco usate. Eppure un colpo di gomito, grazie alla leva più corta, è in grado di impa!are sul bersaglio con grande potenza e può essere risolutivo. Le ginocchia, soprattutto se usate contro i genitali o contro lo stomaco, possono arrestare anche energumeni che pesano il doppio di voi. È utile anche applicare leve articolari e manipolare polsi e dita della mano. Si tratta di punti sensibili che, con il minimo sforzo, possono immobilizzare un aggressore. Se il contesto ve lo consente, organizzate una simulazione. Naturalmente non potrete contare su di un copione che necessariamente corrisponderà alla realtà, ma in ogni caso può riprodurre un’eventuale situazione di pericolo in cui potreste trovarvi un domani e consentirvi di misurare il vostro livello di stress e quelle che sono le vostre capacità di reazione davanti a una criticità di questa portata. Tra le altre cose si tratta dell’ennesima occasione per tenere bene a mente il primo comandamento dell’autodifesa: non pensare “a me non capiterà mai”

l'ultimo consiglio    

 Non fate mai entrare sconosciuti in casa. Anche se è una ragazza e vi chiede di utilizzare il telefono per chiamare il suo papà, oppure vi dice che il suo !glio o sua madre è in pericolo: potrebbe essere un trucco. Ditele che chiamerete voi il 113, ma non fate entrare nessuno in casa. Non fate entrare neanche persone che vi vogliono proporre prodotti o “tecnici” di varia natura. 
E' vero che fidarsi  è  bene non fidarsi  è meglio .  Ma    allo stesso tempo    è quasi    cinico . Infatti

In medio stat virtus (o anche in medio virtus stat) è una locuzione latina, il cui significato letterale in italiano è: «la virtù sta nel mezzo». La locuzione invita a ricercare l'equilibrio, che si pone sempre tra due estremi, pertanto al di fuori di ogni esagerazione.Anche nel buddhismo è presente un simile concetto: Il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza si chiama Via di Mezzo, perché evita i due estremi dell’auto-indulgenza e dell’auto-mortificazione, comportamenti eccessivi che non conducono alla pace mentale. Questa via, elaborata nel Nobile Ottuplice Sentiero, consiste nel coltivare la virtù, la serenità meditativa e la saggezza. .  Farlo . Ma  facendo  attenzione  .  ...  dalla voce   In medio stat virtus - Wikipedia

quindi fatelo  con cautela 

Belluno, coppia di Tel Aviv rifiutata da un hotel: «Israeliani responsabili di genocidio, non sono ospiti graditi»

l'accaduto
«Buon giorno, vi informiamo che gli israeliani, in quanto responsabili di genocidio, non sono ospiti graditi nella notra struttura. Pertanto, se vorrette cancellare la prenotazione, saremo lieti di garantila gratuitamente». Il testo è il contenuto di un Whatsapp spedito dal
titolare dell'Hotel Garnì Ongaro di Selva di Cadore a una coppia di Tel Aviv, che, attraverso Booking, aveva prenotato e pagato due notti nell'albergo bellunese nei primi giorni di novembre. Il messaggio di Patrick Ongaro ha raggiunto la coppia alla vigilia della partenza del volo per l'Italia. In un secondo momento, fatto su cui non c'è però conferma diretta, albergatore e clienti si sarebbero risentiti via telefono e l'invito a rinunciare all'ospitalità concordata si sarebbe strasformato in un, se possibile, più perentorio: «Non fatevi vedere qui...». 

 cosa  ne  penso  

Mai confondere i popoli con i loro governanti e con gli errori degli Stati. Ciò vale per gli israeliani come per i palestinesi .lo dico da critico del governo israeliano e  di , ovviamente  senza  generalizzare  ,   di   alcuni israeliani  i cosidetto coloni  . Per  il resto sono cosi  triste   che non so che  altro ire  ,  se  non   che    questi atti  di discriminazioni  svegliano  l'orgoglio e la  dignità di quella  parte del  popolo israeliano ch  vuole  la pace  e  la  convivenza  \  cosesitenza    con  il popolo ebraico . 

13.11.24

A VOLTE PER RIFLETTERE SUI FEMMINICIDI MEGLIO IL RUMORE CHE L'IPOCRITA MINUTO DI SILENZIO . LA BELLISSIMA INIZATIVA PER GIULIA CECCHETTIN

I movimenti studenteschi, compatti, avevano chiesto di organizzare un minuto di rumore in occasione dell’anniversario della morte di Giulia Cecchettin.Sapete chi è che ha rifiutato questa proposta di civiltà? Il Preside del Tito Livio, ovvero proprio il liceo di Padova che aveva frequentato Giulia.
“Niente rumore, serve silenzio, ma ognuno a casa sua, magari con una candela accesa sul balcone di casa.”
Questa la sintesi della allucinante circolare del preside Luca Piccolo, ovviamente uomo. 
Un preside che affossa l'iniziativa dei ragazzi è    a mio aviso  non dovrebbe ricoprire quel ruolo perché significa che non ne capisce l'importanza.Infatti ormai qualunque esperienza collettiva sembra sovversiva, mentre c'è un bisogno enorme di partecipazione e appartenenza, specie tra i giovani. Si può pregare e accendere candele sul proprio balcone, naturalmente, ma se i compagni di scuola si sentono di fare un piccolo gesto di memoria non mi pare proprio il caso di vietarlo  . Ecco quini che   la risposta più bella è arrivata dai ragazzi, dagli ex compagni di scuola di Giulia, che sono rimasti fermissimi sulla propria volontà.
“Il Preside non vuole? E noi lo facciamo lo stesso.” Hanno applicato quella che una volta si chiamava disobbedienza civile, ed è qualcosa che raramente si impara e s'apllica sui banchi di scuola.
Altro che silenzio, questi ragazzi ci stanno dicendo, anzi urlando, che abbiamo bisogno di rumore per Giulia e le quasi cento donne ogni anno vittime di femminicidio. Abbiamo bisogno di alzare la voce, di “far casino” se necessario. Mai tacere.E' questo che ci hanno voluto dire dando una grande lezione a chi dovrebbe insegnare loro.

SE QUALCUNO VI SALE IN AUTO, TAMPONATE QUELLO DAVANTI Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco punta X°

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